La tutela del paesaggio vitivinicolo: tecnologie testate… lievi sul campo
La foto richiama un racconto aulico: “Inizia l’autunno e con esso le prime piogge, le giornate si accorciano, le temperature iniziano ad abbassarsi e soprattutto…È TEMPO DI VENDEMMIA!”
Siamo in Veneto orientale, le colline del Prosecco hanno dato il meglio di sé anche quest’anno e i grandi rimorchi d’uva continuano la loro sfilata verso le cantine, ma quella di quest’anno è una vendemmia che ha vissuto un andamento parecchio incerto del meteo: gelate in primavera inoltrata, piogge persistenti mescolate a siccità con forti temporali e grandinate in estate.
Non sono condizioni che aiutano i terreni che rischiano frane, cedimenti ed erosioni. Ma se si applicano le moderne tecnologie e i materiali di TeMa Geo Solutions espressamente progettati si può tutelare l’integrità del territorio e lo si può fare anche in modo sostenibile.
Vicino a noi, a pochi chilometri dalla sede centrale, le colline del prosecco sono in gran parte Patrimonio dell’Umanità UNESCO, quindi gli interventi posso solo essere solo ricostruttivi, di difesa dello status quo e assolutamente non invasivi: “delicati” per l’ambiente.
Per questo TeMa Geo Solutions ha pensato a soluzioni performanti per controllare l’erosione naturale del terreno, rinforzare i pendii e drenare l’acqua con:
- le biostuoie in fibra di juta 100% naturali e biodegradabili come Ecovernet® J500 XL ed Ecovermat P Grass che garantiscono una protezione dall’asportazione del terreno da parte di agenti atmosferici e favoriscono il rinverdimento;
- la geostuoia sintetica antierosione K-Mat F;
- le geogriglie di rinforzo come X-Grid PET PVC che sopportano importanti livelli di sollecitazioni;
- il geocomposito drenante Speedrain, che smaltisce l’acqua dal terreno circostante stabilizzando eventuali frane superficiali.
I prodotti
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La nuova carta geomorfologica d’Italia per una migliore gestione e tutela del territorio
L’Italia è una nazione morfologicamente complessa, un territorio sul quale in alcune circostanze è difficile se non impossibile effettuare interventi di edilizia o interventi di riqualificazione ambientale.
Comprendere l’entità del rischio non è difficile: basti pensare che la nostra nazione conta 7.978 Comuni di cui ben 5.581 sono a rischio di dissesto idrogeologico, ben oltre la metà!
Tuttavia l’intervento umano spesso ignora ogni campanello di allarme con conseguenze disastrose: danni a cose e persone, dissesti, crolli.
Presso la Commissione Ambiente del Senato ha avuto inizio il dibattito sul completamento della cartografia geologica d’Italia e la microzonazione sismica
Conoscere e studiare le zone sulle quali poter edificare, realizzare progetti in funzione della diversità geomorfologiche del territorio può prevenire gravi incidenti derivanti dai sismi, alluvioni e bradisismi o almeno limitarne i danni.
Gilberto Pambianchi Presidente nazionale dell’Associazione Italiana di Geografia fisica e Geomorfologia (AIGeo) ha annunciato lo scorso 10 luglio la presentazione di un nuovo modello di cartografia morfologica frutto di due anni di studi e ricerche.
Le linee guida della nuova cartografia morfologica d’Italia sono state condotte da una Commissione di esperti di tre associazioni: AIGeo, Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e Consiglio Nazionale dei Geologi (CNG).
La commissione ha avuto il compito di aggiornare e integrare gli elementi geomorfologici, focalizzando molto il problema delle pericolosità geomorfologiche (frane, alluvioni, valanghe, erosioni costiere, onde anomale e tsunami)
Il lavoro è stato possibile grazie ai progressi di tecnologie informatiche e satellitari quali GPS, i DTM (modelli digitali del terreno ad alta risoluzione) e GIS (sistemi informativi geografici).
Non resta che attendere che il DDL venga presto convertito in Legge affinchè qualsiasi tipologia di pianificazione urbanistica, agricola, paesaggistica sia maggiormente tutelata e sicura.
Alcuni Fogli della Carta Geomorfologica sono già disponibili sul sito dell’ISPRA al seguente link
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Il rispetto dell’ambiente è il tallone d’Achille del vecchio continente
Nonostante l’Italia non produca energia atomica riesce a non rispettare le norme sulla gestione sicura e responsabile del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi (Direttiva 2011/70/euratom) come dimostra l’ultima infrazione in ordine di tempo.
L’Italia non è neanche riuscita a ridurre l’utilizzo delle borse di plastica secondo quanto richiesto.
In funzionamento della procedura d’infrazione
Per far sì che il Diritto Europeo sia rispettato l’unico mezzo a disposizione dall’UE è la procedura d’infrazione. Questa viene preceduta da un periodo in cui la Commissione Europea richiede delle spiegazioni al paese interessato, evitando una messa in mora automatica. Il Paese sotto analisi deve fornire entro dieci settimane spiegazioni, nonché soluzioni correttive per porre rimedio alla violazione. In caso di esito negativo inizia il periodo d’infrazione.
Le infrazioni comminate all’Unione Europea sono molto onerose, un costo che inevitabilmente si riversa sulla collettività. Queste sanzioni comportano un esborso immediato per lo Stato inadempiente. In più la sanzione rimane attiva, con versamenti periodici, fin quando lo stato membro non si adegua alle norme.
Le infrazioni all’interno dell’Unione Europea
Il settore ambientale è quello più critico per i Paesi Europei, con ben 295 casi presi in esame, distaccandosi di molto dall’ambito giuridico, con 161 casi. Oltre all’Italia, che primeggia con 98 casi, gli altri stati membri interessati da numerose procedure d’infrazione sono la Spagna con 75 e la Francia con 73 casi.
La sfida italiana
Vien da se’ che l’attuazione delle Direttive Europee è una sfida cruciale in tema ambientale per il nostro Paese. Uno dei nodi principali sono le considerevoli divergenze regionali per gestione delle risorse idriche, dei rifiuti, sulla depurazione e sulle infrastrutture.
Circa 3.200 agglomerati urbani sono soggetti a procedimenti d’infrazione per le acque reflue. La rete idrica mostra i segni d’invecchiamento, con un’età media di 30 anni e tassi di perdita che al sud arrivano al 50%. Mentre al nord il problema è la qualità dell’aria, con la pianura padana impestata dall’inquinamento atmosferico. Si stima che in Italia circa 66.630 morti premature siano attribuibili alle concentrazioni di particolato fine, 3.380 alle concentrazioni di ozono e 21.040 alle concentrazioni di biossido di azoto.
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